Dan Peterson ha determinato una svolta nella vita della Virtus: al primo anno le ha ridato consapevolezza e la possibilità di vincere qualcosa, con la prima Coppa Italia; al secondo una dimensione superiore, con l’arrivo di McMillen e la possibilità di competere con le migliori sulla gara singola, anche se non ancora sull’intero campionato; al terzo ha permesso alla Virtus di vincere il suo settimo titolo, due decenni dopo il sesto.
Nelle due stagioni successive ha mantenuto i bianconeri al vertice con due secondi posti. Ha inoltre dato per la prima volta una dimensione europea alle V nere, con una semifinale di Korac nel 1976, arrivando vicinissimi alla finale, che sarebbe stata contro una non irresistibile Chinamartini Torino, e una finale di Coppa delle Coppe nel 1978, persa per due soli punti contro Cantù e giocando con un John Michael Roche, la guardia americana affiancata a Terry Driscoll (da quell’anno fu possibile giocare con due stranieri) menomato.
Poi Dan lasciò Bologna per intraprendere l’avventura a Milano, dove raggiunse una popolarità che andava anche oltre i confini della pallacanestro, le sue telecronache delle gare Nba hanno fatto epoca.
Sul campo prese un’Olimpia che era giunta sesta da neopromossa, i milanesi erano infatti retrocessi nell’anno dello scudetto Sinudyne, e la portò alla finale scudetto, ironia della sorte proprio contro la fortissima Virtus capace di vincere in due gare e 113-92 nella seconda in trasferta; quel secondo posto fu per Peterson e Milano l’inizio di un decennio ricco di successi in Italia e in Europa, anche se non poterono nulla nella seconda finale disputata da Virtus e Olimpia, quella che nel 1984 valse alle V nere lo scudetto della stella.
(segue da puntata 1 e da puntata 2)
A cura di Ezio Liporesi (©BasketCity.net)