20 Aprile, 2024

Gianmarco Pozzecco intervistato da Burreddu su “Stadio”

Gianmarco Pozzecco è stato intervistato da Giorgio Burreddu sul “Corriere dello Sport-Stadio”. L’ex play biancoblù fa un salto indietro nel tempo e parla di Delfino e della Fortitudo…

Facciamo che torno a vent’anni, cosi rifaccio tutto.
Che anni quelli, bellissimi stupendi, anni in cui stavamo bene e Bologna era Bologna. Ogni tanto ci penso, sapete? Che squadra che eravamo. Basile, Delfino, Van den Spiegel, Smodis. Ecco, credo che lui sia stato une dei più grandi con cui ho giocato. Gente forte davvero”.

Giovedì la squadra di Matteo Boniciolli si raduna.
Stanno facendo tutti un grande lavoro, un lavoro eccezionale – va avanti – e la città, la squadra, tutti quanti meritano di tornare in A. Per Bologna non può esserci qualcosa di diverso”.

Nel frattempo c’è la suggestione di un ritorno di Carlos Delfino. Lei che dice?
Ho sentito, (e ride). Mi viene da ridere perché sarebbe tutto perfetto. Ci ho parlato una settimana fa. Ci siamo scambiati due cose su Facebook. A Capo d’Orlando mi hanno chiesto di lui, e così gli ho scritto”.

Chi avrà la meglio?
Io ci ho provato. Capo d’Orlando è un altro posto dove si sta meravigliosamente bene. Ma la Fortitudo è una scelta di cuore, e poi lui è stato benissimo. Un matrimonio che è probabile si farà. Sta giocando molto bene, e quindi lo vorranno altre squadre. Ma la Effe ha l’appeal giusto. Oh, e poi magari Ginobili toma alla Virtus”.

Quanto può dare Delfino in A2?
Al di là dei numeri che sono espliciti, qui si parla di un fenomeno vero. Se non fosse la Fortitudo, sarebbe difficile vederlo in A2. La Effe compensa con la sua storia. All’epoca Carlos era una delle nostre stelle. E penso possa dare moltissimo anche oggi. Poi è un ragazzo straordinario. Aveva questa mania della freccia, «tanto la freccia gira gira, che finisce nel c… di chi la tira». Lo ripeteva in continuazione. E noi «Carlos, dai, basta con sta str…». Ma di ricordi ce ne sono così tanti. Una sera stavamo tornando a Bologna da non so dove, eravamo in macchina e mi ricordo che facevamo rap, rappavamo, così, in italiano. Carlos diceva cose assurde. Non riusciva a fare una rima nemmeno per sbaglio. C’è ancora un nastro da qualche parte. Fultz lo sa, possiamo ricattarlo”.

Vede lo stesso entusiasmo del suoi tempi?
Matteo ha fatto un lavoro incredibile. L’entusiasmo è quello vero, sì, e non solo della Fossa che non ha mollato mai, c’è l’entusiasmo dei miei tempi e di quelli prima ancora. Adesso è la Fortitudo vera. Bello”.

Non le viene tristezza a pensarla in A2?
Io sono dell’idea che bisogna fare qualcosa per salvaguardare la storia sportiva. È un argomento delicato, lo so. Vincere e perdere hanno un significato, è vero. Ma è altrettanto vero che la Effe, come la Virtus, farebbero comodo in A. In America ragionano così. Nei due anni che ho giocato a Mosca, per dire, l’Eurolega non la potevamo fare per la questione licenze. Oggi si va in quella direzione. Perché lo sport è anche business. Certo, vallo a dire a chi sì è guadagnato le cose sul campo”…

Intanto però la città ritrova il derby, non è una cosa da poco.
Io ne ho giocati due, li ho vinti entrambi. Il primo è stato clamorosamente emozionante. Giocarlo in A2, è logico, fa differenza. Ma il fascino rimane pure se dovessero giocarlo in Promozione, io mi auguro che la Fortitudo, ma anche Virtus, Siena, Treviso, tutte queste piazze qui, riescano a fare un campionato importante e che tornino su”.

Mancinelli, invece, che ritorno è?
Lui è uno a cui non puoi non voler bene. È il numero uno, e secondo me e lo è ancora. Avrebbe potuto giocare in NBA. Per capirci; è allo stesso livello di Bargnani, Belinelli, Datome. Era già scritto che sarebbe tornato. Lui sta da dio a Bologna. Mi auguro anche questo: che la Fortitudo torni su e che il Mancio finisca la carriera lì”.

Tornerebbe indietro anche lei, eh?
Ne parlavo con un mio amico che fa il DJ, un mestiere simile al mio. La nostra vita è una vita un po’ particolare, è come se fosse scissa in due: quella sportiva, che è molto breve, e quella vera che invece continua. La gente pensa che essere meno popolare, meno visibile, faccia la differenza. Ma non è vero. A me manca giocare a pallacanestro, dispiace non fare la cosa che mi piaceva di più”.

Però fa l’allenatore.
Ho mediato, e allenare è ok. Ma tra allenare e giocare io preferisco giocare, è molto più semplice, il tuo sogno è quello. Che è anche la spada di Damocle di un atleta. Un musicista il suo lavoro può continuare a farlo. Noi no. Adesso gioco ogni due o tre giorni, ma ovvio non è la stessa cosa. E prima o poi smetterò di fare anche quello”.

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