Non è semplice militanza, quella di Giordano Consolini. E’ vita vissuta sotto una sola bandiera. Nonostante la professione lo abbia portato anche altrove, per periodi brevi se rapportati alla sua storia di maestro di pallacanestro, per quanto intensi e appaganti, la sua storia professionale è legata alla storia della Virtus. La palestra Porelli è l’officina da cui ripartire sempre, anche adesso, dopo l’esperienza vissuta in Nazionale accanto a un altro grande testimone della gloria bianconera, Ettore Messina, che lo ha voluto con sé nell’avventura europea della sua Italia. Chiuso un altro capitolo importante, Giordano torna dove è cresciuto, e dove ci sono giovani da crescere. Nel settore giovanile di Virtus Unipol Banca, dove lo aspetta un’altra stagione di costruzione con il gruppo dell’Under 16. Stessa categoria, gruppo e volti nuovi di zecca. Un’altra ripartenza.
“Quando si inizia a lavorare con un gruppo nuovo, indipendentemente dal fatto che si tratti della stessa categoria, ci si organizza su programmi di lavoro necessariamente diversi. Non puoi applicare semplici protocolli, il “modus operandi” è sempre preceduto da un’attenta analisi sulla composizione del gruppo, sul livello che ha raggiunto nel momento in cui lo prendi sotto le tue cure, sulla proiezione che ti aspetti dalla squadra e dai singoli ragazzi. Da quest’analisi deriva un piano di lavoro che non può e non deve essere rigido. Si parte con un’idea del punto di arrivo, che dovrà comunque sottostare a continue verifiche nel corso della stagione”.
L’Under 16 cammina su un sentiero affascinante e particolare. E’ un mondo in cui il gioco inizia a farsi professione, in cui i ragazzi cominciano a muoversi da uomini.
“Questi giovani attraversano certamente un periodo delicato e importante. La loro è la categoria che precede l’Under 18, l’atto finale del settore giovanile. Devi prepararli a sostenere una selezione molto più severa, perché a fine stagione confluiranno in un gruppo che rappresenterà due annate. E traghettarli in una categoria che inizia a prepararli anche a vedere la pallacanestro come un impegno più professionale. Prima della riforma, questa categoria prevedeva due anni di lavoro e di costruzione. Ora tutto è concentrato in una sola stagione”.
E’ una categoria che può riservare sorprese inaspettate, o il lavoro impostato negli anni precedenti è già chiaro a chi ha occhi allenati da anni di professione?
“Quando i giovani arrivano a questa età, il loro percorso nel basket e nello sport non è completamente scritto, ma è già delineato. Ci sono quelli che possono avere possibilità, ma a cui manca ancora parte del percorso. Per qualcuno c’è ancora margine per proporsi come promessa, per qualcun altro c’è invece margine per fare il salto di qualità a cui è atteso. E’ il momento, per chi non è stato etichettato come “prospetto interessante”, per alzare la voce e dire “ci sono anche io”, mentre chi ha già addosso questo tipo di etichetta è ad un crocevia: può onorare le attese o disattenderle”.
Proprio così, tanto dipende dal singolo, e da come riuscirà a incanalare la passione sui binari della professionalità e della determinazione. Ma tanto faranno anche coloro che sono preposti ad aiutarlo a prendere la strada giusta. Giordano Consolini riparte da questi volti per lui nuovi, con la conoscenza maturata in anni di campo e la voglia di metterla nuovamente alla prova.
“Il gruppo che sto allenando quest’anno è mediamente più alto di quello della passata stagione. Molti ragazzi dovranno imparare a giocare più lontano dal canestro. Oltre ad affinare la comprensione del gioco, dovranno quindi migliorarsi individualmente, sia fisicamente che tecnicamente, per essere in grado di ricoprire ruoli più perimetrali. Un percorso già iniziato e che deve consolidarsi”.
Il clima di entusiasmo che si è creato intorno alle gesta della prima squadra influenza in qualche modo anche i ragazzi più giovani. Uno stimolo in più, per chi sogna di fare della passione un mestiere.
“Abbiamo tutti apprezzato non soltanto il risultato della nostra prima squadra, ma anche e soprattutto il modo in cui è maturato. Non amo essere retorico, ma ci tengo a dire che il gruppo ha interpretato in maniera perfetta il concetto di “vestire una maglia”, la nostra maglia. Alessandro Ramagli e il suo lo staff sono riusciti a far comprendere questo messaggio, ed a mettere in campo la squadra nel modo giusto, gestendo strada facendo le modifiche di obiettivo, cogliendo una grande occasione e dando la giusta immagine di un nucleo coeso, capace di remare nel senso giusto. Tutte cose non semplici che hanno portato a un risultato grande e storico. E anche la stagione appena iniziata, da questo punto di vista, si sta rivelando la continuazione di ciò che è stato fatto nella scorsa stagione. Credo che quando le cose vanno nel modo giusto l’effetto positivo arrivi a tutti, e in questo senso l’entusiasmo venga trasmesso anche al settore giovanile”.
Un anno fa, da una nostra chiacchierata uscì il tema dell’isolamento in cui si ritrovano, oggigiorno, i nostri giovani. Lo sport, la passione, il senso di appartenenza che si respira in questo ambiente possono aiutarli a sentirsi meno soli?
“I nostri ragazzi sono fortunati, perché viene loro offerta la possibilità di fare un’esperienza che oggi sta diventando pressoché sconosciuta: quella di vivere per il raggiungimento di un obiettivo insieme ad altre persone. E’ questo che li fa uscire dall’isolamento a cui la società di oggi tende a portarli, e gli permette di relazionarsi in modo concreto, reale e vivo con chi sta loro accanto, si tratti di compagni di squadra, di allenatori, di amici al di fuori del basket. Come ho avuto modo di dire altre volte, in questo i giovani sanno mostrarsi anche molto migliori di quello che ci aspettiamo. Sono sì fortunati, ma dimostrano di meritare questa opportunità, e soprattutto di saperla cogliere nel modo migliore”.
La Virtus ha una storia unica alle spalle e corre veloce verso il futuro. La stagione scorsa, culminata nel ritorno in Serie A, e l’inizio beneaugurante di questa, ha portato al Pala Dozza, la casa ritrovata, una nuova generazione di tifosi. Domanda a chi ha vissuto a fondo il mondo bianconero: come si fa a far convivere e armonizzare passato e futuro?
“Credo sia una delle questioni più difficili che qualunque società, e non parliamo soltanto di sport, si trova ad affrontare. C’è chi riesce a mettere insieme le cose, trovando un equilibrio, e chi fa più fatica. Bisogna saper riconoscere determinati valori, capirne l’importanza, saper distinguere tra quelli che possono mantenersi freschi senza subire le ingiurie del tempo e quelli che necessitano di modifiche dettate dai tempi che cambiano. Credo che la storia debba sempre darci una identità, identità che però non escluda o neghi la diversità”.
Fonte: Marco Tarozzi Virtus Pallacanestro Bologna (www.virtus.it)