19 Marzo, 2024

Cosa ha fatto la Virtus?

Cosa ha fatto la Virtus?
Photo Credit To Massimo Ceretti / Ciamillo-Castoria / Virtus Pallacanestro Bologna

Un titolo che richiama tempi oramai remoti, quando senza social, streaming o altro, per sapere un risultato ci si affidava alla radio o agli occhi dei presenti alla partita e poco più.

Rispondere alla domanda, cercando una valutazione dell’operato della Virtus in questa stagione, affascina, stimola. Terminata ora la finale scudetto lo si può fare in maniera più rotonda.

Il “richiamo al passato” accomuna in un certo senso quello che è il traguardo principale raggiunto, quel ritorno in Eurolega inseguito oramai da qualche anno, pianificato, voluto, necessario per garantire le basi di un futuro radioso.

Una prima risposta al quesito, quindi, è che la Virtus ha fatto quello che doveva, cioè ritornare nel campionato europeo di vertice, peraltro nel modo che più desiderava, legittimando il tutto con una vittoria sul campo.

Campagna d’Europa

La stagione in Eurocup è stata un crescendo. Dopo una prima fase con qualche inciampo di troppo che ha portato ad un quarto posto, la compagine guidata da Sergio Scariolo si è affacciata ai playoff con un solo obiettivo in testa, la vittoria finale, raggiunta aumentando sempre il livello delle prestazioni. Non si è trattato infatti di un percorso da schiacciasassi, piuttosto di un miglioramento continuo che ha portato al trionfo in finale. Dopo gli spaventi interni (già, perché la sorte in tal senso è stata benevola), la Segafredo ha fornito una prestazione da Eurolega in quel di Valencia, guidata in quel caso dal giocatore che più di tutti appartiene a tale livello, il georgiano Tornik’e Shengelia (tale affermazione merita un approfondimento, ci torneremo). Passato quell’ostacolo, la finale se non in discesa sembrava sicuramente affrontabile, con l’ammazza-grandi Bursaspor degna del massimo rispetto, ma cotta a fuoco lento, ma non troppo, visto un risultato mai in discussione.

Il trionfo nella campagna d’Europa arriva dopo un cambio di pelle della Virtus, o meglio uno dei tanti. Già, perché tutto quanto fatto in questa stagione, Eurocup, Campionato ed altre competizioni, va contestualizzato considerando una serie di infortuni impensabile, che ha portato la Virtus ad essere, per buona parte dell’anno un cantiere sempre aperto, con alcuni giocatori costretti a fare veramente gli straordinari.

Elencarli tutti renderebbe il resoconto un libro, quindi limitiamoci a dire che, praticamente dopo un metro dal via, Scariolo si è visto togliere le sue due ancore difensive, Udoh e Abass, con il nigeriano che doveva rappresentare il perno di un reparto lunghi, al contempo ricoprendo i ruoli di ministro della difesa e professore per i più giovani (chi più chi meno, tutti i suoi compagni di reparto).

È iniziata qui una rincorsa, una ricerca della quadratura tra il bel gioco in velocità da tanti possessi ed una fase difensiva da costruire. Mancati per quest’ultima i due pezzi più pregiati, per un po’ la Virtus ha portato avanti la sua “versione show time”, esaltante per i tifosi, ma con qualche allarme di tenuta per gli alti livelli. Questo aspetto è stato più volte rimarcato dal suo condottiero, anche quando i tifosi erano ebbri di bel gioco e partite vinte con un attacco spumeggiante.

Nuovi arrivi

Sono poi arrivati i “colpi”, un paio in campionato, di più in Eurocup, che hanno fatto vacillare un po’ tutti. Ci sarebbero dovuti essere anche “colpi” di mercato, ma Alexander e “quel” Sampson non scaldavano troppo i cuori col loro rendimento sul campo (anzi, forse infiammavano qualche animo).

Le porte continuavano a girare, nessuno sembrava esente da infortuni (si è salvato praticamente solo il coach, sino al Covid, per fortuna brillantemente superato), così ad un certo punto Massimo Zanetti ha rotto gli indugi e deciso di calare gli assi: dal CSKA Mosca bloccato per le note e tristi vicende, sono giunti prima Daniel Hackett, con cui gli abboccamenti procedevano da mesi (forse con promesse estive già fatte) e poi il già citato Shengeila, quest’ultimo un vero all-in per la Virtus.

Chi scrive ha sicuramente un bias nei suoi confronti, ma si può dire in maniera (abbastanza) oggettiva che il georgiano ha rappresentato un passo importante per la Virtus, sotto tanti punti di vista. Non parliamo di un campione in cerca di rilancio, di un “patriota” voglioso di tornare a casa: qui abbiamo un giocatore ancora nel pieno della carriera, di fatto tra i top d’Europa nel ruolo, preso in affitto per qualche mese, con la sfida per la società di provare a convincerlo a rimanere nel mondo Virtus.

Se veramente dovesse concretizzarsi una permanenza del guerriero col numero 21, saremmo di fronte ad una certificazione importantissima per la società: giocatori di questo livello, se presi a prezzi “giusti”, vogliono dire che la debuttante al ballo ci andrebbe non per stare in disparte, ma con la voglia e (soprattutto) le possibilità per fare bella figura, rimanendo comunque umile e senza troppi pensieri di vittoria.

Il campo poi parla sempre: Shengeila è stato, con il buon Hackett, fondamentale nel dare una mentalità difensiva alla Virtus, che da squadra da molti possessi è diventato un team con approccio difensivo, capace di tenere spesso gli avversari sui 70 punti o simile, costruendo nelle retrovie le basi dei suoi successi.

I due arrivi hanno anche modificato le gerarchie: il gioiellino Mannion, mai in grado di brillare (con tante attenuati) è diventato di fatto il terzo play dietro ad Hackett ed a Pajola, con quest’ultimo che paradossalmente dall’arrivo del figlio di Rudy ha tratto giovamento, ritornando ad un ruolo più consono e ben noto, cioè quello del back up capace di girare le partite con la sua intensità. Sicuramente sarà richiesto uno step ulteriore ad Alessandro la prossima stagione, ma ha tutto per fare bene.

L’arrivo del georgiano ha avuto un effetto importante nella di fatto esclusione di Hervey, mai più ripresosi completamente. Non avrà giovato uscire prima dell’infortunio da semi-MVP e tornare con l’acquisto più importante nel medesimo ruolo. Ma qualcosa si intravedeva in certe interviste di Scariolo, a posteriori, con accenni a recuperi da completare e timore sui contatti.

Le finals

Proprio il coach bresciano è stato, in particolare durante la serie finale del campionato italiano, soggetto a critiche per questioni come “mancato coraggio” o “accorciamento eccessivo delle rotazioni”. La Virtus doveva essere la squadra più lunga delle due, mentre alla fine atleti come Mannion, Tessitori, Alibegovic sono stati impiegati poco o nulla.

Sicuramente il lavoro di “Don Sergio” quest’anno non è stato facile, si è trattata anche della prima stagione da capo allenatore dopo il periodo da assistente NBA e C.T. della Spagna (quest’ultimo in corso). Nonostante le difficoltà, molto elevate per chi deve costruirla e gestirla una squadra, l’obiettivo principale è stato centrato, corredato da un campionato italiano concluso al primo posto ed un rotondo successo iniziale in Supercoppa, senza dimenticare il k.o. pesante in Coppa Italia. Bene, bravo, sette più, si usava dire.

Resta appunto solo la finale, arrivata dopo due serie senza sconfitte, che però mostravano già qualche accenno di stanchezza da parte dei protagonisti principali. Dei due 3 a 0 con Pesaro e Tortona rimane la testimonianza forse che Virtus e Milano giocheranno probabilmente per un po’ di tempo un campionato a sé, soprattutto in confronti a più partite.

Della finale, poco da dire: Milano motivata, carica, con approccio di squadra da alta Eurolega qual è. Virtus nervosa, disunita, orgogliosa, ma sconfitta. Il 4 a 2 brucia, è maturato anche con alcuni passaggi a vuoto significativi, ma non deve far dimenticare quanto di buono fatto nei mesi precedenti. È una fonte di indicazioni importanti, per tutti, giocatori, staff tecnico e società, per capire errori commessi (ce ne sono stati, tanti) e come correggerli.

Però non gettiamo croci sul Weems abulico, prima però fondamentale per i successi in Eurocup e non solo, quest’anno capace pure di diventare “Batman”. Oppure sul Jaiteh a corrente alternata, prima dominatore in un Eurocup di cui è risultato pure MVP, finale a parte, palcoscenico tutto ad appannaggio di un altro ragazzo speciale.

Eccolo, quindi, il momento di dedicare due righe a Teodosic. Un anno complesso poteva essere, dove come scritto da alcuni si era passati da una Virtus “di” Teodisoc ad una Virtus “con” Teodosic. Milos ha dimostrato di essere, eccome, dentro al progetto, preoccupandosi della crescita di tutti, mostrando anche una continuata applicazione difensiva, senza far mancare le sue magie, sempre una delizia per gli occhi.

Ha voluto quella coppa per tornare nella “sua” Eurolega, il suo livello, dove l’anno prossimo potrà tornare a misurarsi coi più grandi. Insieme ai suoi compagni, con un team che avrà sicuramente delle uscite, ma che dovrà soprattutto aggiungere ed integrare, per poter essere ancora competitivo come quest’anno.

Perché è questo che ha fatto la Virtus, ha consolidato ancora una crescita importante, che la rivede ai massimi livelli, finalmente anche continentali. Hai fatto un altro bel passo, grande Virtus. Il cammino continua, che lo si faccia ricordandosi delle quattro effe disposte a croce romana sotto lo stemma della SEF, iniziali di Forte, Franco, Fermo e Fiero.


Francesco Rizzoli (©BasketCity.net)

About The Author

Related posts